Relazione Genitori-Figli:
come sopravvivere (bene) alla convivenza tra generazioni
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TogglePerché è così complicato andare d’accordo in famiglia?
Se litigare con i genitori a 30 o 40 anni ti sembra assurdo… tranquillo, sei in ottima compagnia.
In Italia 2 giovani su 3 tra i 18 e i 34 anni vivono ancora con i genitori e circa un milione di persone tra i 40 e i 49 anni vive ancora nella famiglia d’origine.
Non è solo una questione di “mammismo” o di “bamboccioni”, bisogna tenere in considerazione gli stipendi bassi, il lavoro precario, il mercato immobiliare complicato e, sì, anche qualche nodo emotivo irrisolto.
L’Italia è tra i Paesi europei con la quota più alta di NEET (Not in Education, Employment or Training), giovani che non lavorano, non studiano e non sono in formazione (circa il 15,2% tra i 15-29 anni, contro una media UE dell’11%).
Andare d’accordo con i propri genitori è quindi un tema sociale ma anche un tema emotivo?
Questo articolo è una panoramica generale sulle relazioni tra genitori e figli, con figli adolescenti ma soprattutto con figli adulti che vivono ancora in famiglia (i famosi “bamboccioni”, volendo usare l’etichetta… ma la useremo con ironia, non con giudizio).
Scriverò più avanti articoli di approfondimento su temi più specifici come il rapporto madre–figlia, il rapporto padre-figlio, le differenze di rapporto tra genitori e figli maschi e femmine, la convivenza con i genitori vs la propria indipendenza e altro ancora.
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1. Uno sguardo pratico alle relazioni tra generazioni
1.1. Cosa cambia quando un figlio diventa adulto (ma resta in casa)
Dal punto di vista psicologico, come ogni relazione, anche la relazione genitori–figli ha bisogno di evolvere: da rapporto asimmetrico (io genitore, tu bambino) a rapporto più paritetico (io adulto, tu adulto).
Quando questo passaggio non avviene nascono i classici problemi con i genitori come ad esempio:
- genitori che continuano a trattarti come se avessi 14 anni
- figli adulti che si sentono in colpa a mettere limiti
- conflitti continui su soldi, orari, scelte di vita.
Molti psicologi sottolineano come i conflitti genitori–figli adulti derivino dalla difficoltà nel ridefinire i ruoli e nel completare la separazione simbolica dalla famiglia d’origine.
1.2. Non sei solo “bamboccione”: il contesto conta
I dati italiani mostrano un quadro chiaro:
- fino al 67,4% dei giovani 18–34enni vive con almeno un genitore
- tra i 25–34 anni, circa la metà vive ancora a casa con i genitori contro una media europea che si aggira intorno al 30%
- molti di questi giovani lavorano ma con stipendi troppo bassi per permettersi un’autonomia reale.
Quindi no: non è solo una questione di “non voglio crescere”.
È un mix di:
- fattori economici e strutturali
- cultura familiare molto legata al nido domestico
- difficoltà emotive di separazione, da entrambe le parti.
1.3. Dai conflitti aperti al “no contact”
Un altro fenomeno emergente è quello dei figli adulti che scelgono di tagliare i ponti (“no contact”) con genitori percepiti come abusanti, manipolatori o con gravi problemi psichiatrici non affrontati. Questo fenomeno si chiama Estranged Adult Children.
Questo può riguardare situazioni come:
- genitori manipolatori o narcisisti
- genitori con problemi psichiatrici non seguiti da un professionista
- dinamiche di controllo, gaslighting, ricatti emotivi
Nella maggior parte dei casi, però, non si arriva a tanto: ci si muove in un’area grigia fatta di litigi, malintesi, sensi di colpa, distanza emotiva… mentre si continua a vivere sotto lo stesso tetto.
Fragilità
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Resilienza
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Antifragilità
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2. I problemi più comuni tra genitori e figli adulti in Italia
2.1. “Adolescenza prolungata”: quando hai 30 anni ma ti trattano come se ne avessi 15
Ti ritrovi a pensare: “Possibile che io stia ancora litigando con mia madre per i miei orari o per le mie scelte di vita come ai tempi del liceo?”
Molte dinamiche tipiche di un’adolescenza piena di problemi con i propri genitori vengono semplicemente traslate anche nell’età adulta, perché:
- il figlio non è economicamente indipendente
- il genitore tende a controllare per sentirsi ancora “utile”
- nessuno ha esplicitato nuove regole da adulti.
Risultato: la casa rimane un set fisso ma tu nel frattempo sei cambiato (e loro anche).
2.2. Conflitti su soldi, lavoro e “successo”
Alcuni grandi classici dei problemi familiari contemporanei:
- genitori che non capiscono il tuo lavoro (“Ma quello che fai online è un lavoro vero?”)
- confronti con cugini/figli degli amici: “Guarda tuo cugino, alla tua età ha già…”
- aspettative su casa, matrimonio, figli che non corrispondono alla tua realtà.
Qui entrano in gioco non solo i soldi ma anche modelli di successo diversi tra generazioni.
2.3. Il tema della salute mentale: genitori con problemi psichiatrici
Ci sono situazioni in cui andare d’accordo con i propri genitori può non essere solo una questione di comunicazione in quanto possono entrare in gioco altri fattori, come:
- depressione non curata
- dipendenze
- disturbi di personalità o altri problemi psichiatrici.
In questi casi si parla di genitori con problemi psichiatrici e la complessità aumenta. È difficile mettere confini perché magari ti senti più “adulto” di loro da anni.
Qui spesso serve un supporto di un professionista (psicologo, psichiatra, gruppi di supporto). Parlane con il tuo medico di famiglia.
2.4. Genitori manipolatori e figli adulti intrappolati
Questa è un’altra tematica delicata, genitori manipolatori di figli adulti, che non deve essere necessariamente una manipolazione “da film” ma può essere molto sottile:
- ricatti emotivi (“Se vai a vivere da solo, mi rovini la vita”)
- colpevolizzazione costante
- svalutazione delle tue scelte (“Non combinerai mai niente”).
Qui il problema non è solo “come andare d’accordo” ma come proteggere la tua salute mentale.
2.5. Litigare con i genitori a 40 anni: cosa c’è sotto
Se litigare con i genitori a 40 anni è la norma spesso sotto c’è:
- una separazione mai completata
- rancori antichi mai affrontati
- ruoli confusi (figlio-genitore del genitore, o genitore-amico invadente).
Il conflitto esplode su cose banali (“chi ha lasciato la cucina in disordine”) ma il tema vero è: “Chi decide della mia vita?”.
Le 4 dimensioni dell'Antifragilità
Fisica
riguarda la capacità del corpo di adattarsi e migliorare attraverso l'esposizione a stress fisici, come l'esercizio fisico regolare.
Mentale
coinvolge la capacità di adattare il proprio pensiero e apprendere da nuove informazioni e situazioni.
Emotiva
si riferisce alla capacità di gestire e trarre forza dalle emozioni, anche quelle negative, utilizzandole come catalizzatori per la crescita personale.
Sociale
implica la capacità di costruire e mantenere relazioni che prosperano in ambienti incerti e mutevoli.
La ricerca attiva del cambiamento e la motivazione alla sfida appartengono alla dimensione mentale dell’antifragilità.
Questo perché coinvolgono la volontà di affrontare nuove situazioni, apprendere da esse e adattarsi di conseguenza.
Che cos'è l'antifragilità in psicologia?
In psicologia, l’antifragilità è la capacità di trasformare le difficoltà in occasioni di crescita e sviluppo personale.
Non si tratta solo di resistere allo stress, come accade con la resilienza, ma di sfruttarlo come leva per il miglioramento.
Le persone antifragili vedono le difficoltà come occasioni per sviluppare nuove competenze, rafforzare la propria autostima e ampliare la propria prospettiva sulla vita.
Leadership Antifragile
La leadership antifragile è uno stile di leadership che è capace di trasformare incertezza e difficoltà in opportunità di crescita. Non si limita a resistere allo stress, ma lo sfrutta per rafforzare individui e organizzazioni.
I leaders antifragili favoriscono l’innovazione, vedono l’errore come apprendimento e considerano il cambiamento un’opportunità, rendendo l’organizzazione più resiliente e capace di prosperare.
Differenza tra Resilienza e Antifragilità
Voglio tornare a mettere a confronto la resilienza con l’antifragilità perché, anche se questi due termini vengono spesso usati come sinonimi, la differenza tra i due concetti è sostanziale.
La resilienza implica la capacità di resistere agli urti della vita senza cambiare.
L’antifragilità va oltre: non solo resiste agli urti ma si rafforza grazie ad essi.
E ora diamo sfogo al nostro senso pratico.
Di seguito le 2 fasi principali con passi pratici per sviluppare e mantenere la nostra antifragilità.
- Nella Fase 1 troverai le strategie da mettere in pratica in risposta a come diventare antifragili.
- Nella Fase 2 invece troverai le strategie per mantenere allenato il nostro lato antifragile.
FASE 1
Come diventare Antifragili
Adottare una mentalità antifragile richiede un cambiamento nel modo in cui affrontiamo la nostra vita.
Ecco alcune strategie efficaci per diventare antifragili:
Abbraccia l’incertezza e il cambiamento.
La vita è imprevedibile e cercare di controllarla completamente è un’illusione.
Vedere il cambiamento come un’opportunità invece che una minaccia, ti permetterà di evolverti costantemente.
Sviluppa una mentalità di sperimentazione
Il fallimento non è la fine, ma un tentativo che può diventare una lezione da cui imparare.
Chi è antifragile non teme di provare nuove strade, poiché sa che ogni esperienza, anche se considerata individualmente o socialmente come esperienza “negativa”, porta con sé una crescita.
Rendi il disagio il tuo alleato
Evitare ogni difficoltà è il modo più sicuro per rimanere fragili.
Esporsi gradualmente a situazioni difficili aiuta a sviluppare tolleranza e forza interiore.
Ad esempio, il “principio dell’ormesi” dimostra che piccole dosi di stress fisico o mentale rendono un individuo più forte e adattabile.
Adotta un approccio proattivo ai problemi
Non aspettare che le difficoltà si presentino per sviluppare antifragilità.
Sfida te stesso regolarmente, cerca attivamente nuovi stimoli e metti alla prova le tue capacità.
Coltiva una rete sociale giusta
Le relazioni giocano un ruolo cruciale nella nostra capacità di affrontare le sfide.
Fai in modo di circondarti di persone che supportano e incoraggiano il tuo accrescimento personale. È importante creare un ambiente che favorisca l’antifragilità.
FASE 2
Come Praticare l'Antifragilità
Come abbiamo visto dunque per diventare antifragili serve un cambio di mentalità e la messa in pratica di strategie mirate.
Una volta che hai capito come essere antifragile (un po’ come quando finalmente hai capito come fare quel piatto così difficile ma così gustoso), è necessario mantenere allenata la nostra antifragilità (preparerai quel piatto anche una seconda e poi una terza e magari anche una quarta e quinta volta per essere sicur@ di riuscire a farlo e anche bene).
Ecco alcune cose che puoi fare per praticare l’antifragilità:
Sperimenta e assumiti rischi calcolati
Sii disposto a uscire dalla tua zona di comfort e prova nuove esperienze.
Riconosci che un fallimento è solo un tentativo non andato come pensavi.
Ogni insuccesso è indispensabile per il tuo miglioramento personale.
Usa la tua resilienza emotiva
Comprendi, gestisci le tue emozioni e utilizzale come strumenti per la tua crescita personale.
Mantieni una mentalità di apprendimento continuo
Sii aperto ad imparare da chiunque e da qualunque cosa, in ogni momento delle tue giornate.
Nota i dettagli, sempre.
Guarda ogni esperienza come un’opportunità per far tesoro di nuove conoscenze, sia che la reputi essere una esperienza positiva o negativa.
Con queste strategie, non solo riusciamo ad affrontare le difficoltà che ci sono e che ci saranno, ma le prendiamo con noi e, abbracciandole, possiamo trasformarle in grandiose opportunità di crescita e di apprendimento.
Esempio pratico
Un esempio pratico è quello dei muscoli e del loro allenamento.
Quando vengono sottoposti a stress attraverso l’allenamento, i muscoli diventano più forti.
E voglio anche fare una metafora tra resilienza e antifragilità.
Se la resilienza è come un ramoscello che si piega ma ritorna alla sua forma, l’antifragilità è come un albero che, dopo la tempesta, non solo resiste ma rafforza il tronco e affonda radici più profonde.
Qual è un'euristica utile per sviluppare l'antifragilità?
Innanzitutto, cos’è un’euristica?
Un’euristica è una strategia mentale o una regola pratica che aiuta a risolvere problemi in modo rapido ed efficace, senza necessariamente garantire una soluzione perfetta. Si basa sull’esperienza e sull’intuizione piuttosto che su analisi rigorose.
Viene spesso usata nel processo decisionale quando il tempo è limitato o le informazioni sono incomplete. Ad esempio, la regola del “più è meglio” è un’euristica che ci porta a scegliere un prodotto con più funzionalità senza analizzarne davvero l’utilità.
Le euristiche possono essere utili, ma a volte portano a bias cognitivi, ovvero errori di giudizio sistematici.
Quindi, tornando a noi e rispondendo alla domanda, un’euristica utile per sviluppare la nostra antifragilità è quella suggerita da Nassim Taleb.
Intanto, iniziamo da qui.
Chi è Nassim Taleb?
Nassim Taleb è un autore, filosofo e statistico noto per i suoi lavori sul rischio, l’incertezza e l’antifragilità. È celebre per libri come Il Cigno Nero, in cui esplora eventi rari e imprevedibili che hanno un impatto enorme.
Taleb mette in discussione le convenzioni tradizionali di previsione e gestione del rischio, proponendo concetti come l’antifragilità, che descrive come alcuni sistemi possano trarre forza dalle difficoltà.
Taleb suggerisce un principio fondamentale:
“Se qualcosa ti costa poco in termini di energia e ti offre un grande beneficio, è un’opportunità antifragile.”
Questo significa che dovremmo concentrarci su attività e scelte che ci espongano a piccole dosi di rischio calcolato, in modo da guadagnare adattabilità e crescita a lungo termine.
Nassim Taleb afferma che:
I sistemi antifragili prosperano nel disordine.
I sistemi fragili crollano.
In quale ordine leggere Taleb?
Oggi mi sento in vena di consigli di lettura e quindi, ragazzi e ragazze, ho fatto una ricerca sui libri scritti da Taleb e ne ho trovati alcuni (che non ho ancora personalmente letto) che esplorano l’antifragilità e i rischi dell’incertezza, li elenco qui sotto:
- Giocati dal Caso (2001) – Introduzione al ruolo della casualità nella vita e nel successo.
- Il Cigno Nero (2007) – Analizza gli eventi altamente improbabili e il loro enorme impatto.
- Robustezza e Fragilità (2010) – Approfondisce il concetto di resilienza.
- Antifragile (2012) – Il libro centrale che introduce e sviluppa il concetto di antifragilità.
- Skin in the Game (2018) – Esplora il ruolo della responsabilità personale nei sistemi complessi.
Fammi sapere cosa ne pensi se hai già letto uno di questi libri o fammi sapere se ti piacerebbe farlo.
Il tuo punto di vista è unico, crealo e condividilo con il mondo (di WAU🤩).
In poche parole...
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- Adottare un approccio antifragile significa trasformare gli ostacoli in strumenti di crescita e sviluppo personale.
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- L’antifragilità, concetto introdotto da Nassim Taleb, va oltre la resilienza: non solo resiste agli shock, ma trae vantaggio da essi per crescere. A differenza della fragilità, che cede allo stress, e della resilienza, che lo sopporta senza cambiare, l’antifragilità utilizza l’incertezza e le difficoltà come opportunità di miglioramento.
- Questa mentalità antifragile si applica nelle 4 dimensioni dell’esistenza umana (fisica, mentale, emotiva e sociale) e può essere sviluppata attraverso strategie pratiche, come l’accettazione del cambiamento, la sperimentazione e la costruzione di relazioni solide.
Conclusione
L’antifragilità non è un talento innato, ma una mentalità che possiamo sviluppare.
Invece di cercare di evitare gli ostacoli, possiamo imparare a utilizzarli come strumenti di crescita.
Adottare l’antifragilità nella vita quotidiana significa trasformare il caos in carburante per il nostro sviluppo personale.
E tu, sei pronto ad allenare la tua antifragilità?
Raccontati nella nostra WAU Community, ti aspettiamo!
Ti piacerebbe capire meglio come lavorare su te stess@?
Oppure vuoi già entrare in azione e ti serve una mano per creare il tuo piano di sviluppo personale?
Fammi conoscere la tua opinione su quest’articolo e sulla crescita personale, lascia un commento qui sotto.
Non vedo l’ora di leggerti 🙂
